TRE LINGUE – TRAIS LINGUAS – DREI SPRACHEN

LA BATTAGLIA AUSTRIA/UNGHERIA PER IL PASSO DELLO STELVIO

Fino al 1918, il confine tra l’Italia e la duplice monarchia austro-ungarica passava attraverso il Passo dello Stelvio. Un confine che fu aspramente combattuto negli anni 1915-1918. Seguite le tracce di questo periodo turbolento che si possono trovare ancora oggi. Il percorso “Trais Linguas” (tre lingue) vi permetterà di comprendere la prospettiva austro-ungarica.

I seguenti argomenti sono evidenziati nelle immediate vicinanze del picco delle tre lingue:

    • il sistema di difesa dell’Austria-Ungheria;
    • le vecchie truppe austriache nell’area di battaglia del Passo dello Stelvio;
    • la guerra su cime e creste lungo il fronte dell’Ortles;
    • la situazione degli alloggi e dei rifornimenti;
    • le violazioni dei confini e della neutralità – il ruolo della Svizzera;
    • l’importanza dell’artiglieria austriaca nella guerra di montagna 15/18.

Punto di partenza e di arrivo: Passo dello Stelvio – vetta del passo (possibile accesso dal Pass Umbrail attraverso il territorio svizzero)

Tempo di percorrenza: 2 ore e mezza (dal Passo dello Stelvio)

Segnaletica: bianco-verde-rosso

Requisiti: passeggiata facile

PERCORSO “TRAIS LINGUAS

A: Ferdinandshöhe (Passo del Stelvio) – B: Cima Garibaldi (Dreisprachenspitze) – C: Hotel Dreisprachenspitze – D: Targa commemorativa austro-ungarica – E: Lempruchlager – F: Postazione dei sottufficiali “Hungerburg” – G: Zona delle posizioni d’artiglieria “Goldsee” – H: “Schweizergraben” – I: posto di sottufficiale “Frohburg” – K: mulattiera per il Passo Umbrail

UNA DESCRIZIONE DEL PERCORSO DAL PUNTO DI VISTA STORICO-MILITARE

Una descrizione dettagliata del percorso è consultabile nella guida escursionistica Il sentiero escursionistico storico-militare Stelvio-Umbrail a partire da pagina 55. Le seguenti indicazioni illustrano i luoghi lungo il tracciato e ne chiariscono il significato storico.

Il Passo dello Stelvio e la sua strada

Un’opera stradale di prim’ordine! Realizzata in soli sei anni, dal 1820 al 1826, sotto la direzione del vice-ingegnere imperiale regio Carlo Donegani, che nel 1840 fu elevato alla nobiltà austriaca con il titolo di Carl Donegani von Stilfserberg.

48 tornanti sul versante nord-est (da Prato in Alto Adige) e 34 curve a gomito interrotte da sei gallerie conducono dalla Valtellina (Bormio) al più alto passo alpino transitabile in automobile.

La strada del Passo dello Stelvio attira oggi ogni anno centinaia di migliaia di appassionati di ciclismo e motociclisti, al punto che durante i mesi estivi è quasi impossibile trovare un posto libero sul passo, situato a 2757 m s.l.m.

Fin qui i fatti – ma come nacque l’idea di intraprendere un progetto stradale così ambizioso?

Donegani
Carlo Donegani (1775 – 1845), costruttore della strada del Passo dello Stelvio (periodo di costruzione: 1820-1826) e della strada del Passo dello Splügen (periodo di costruzione: 1821-1823). Immagine: Fondazione Donegani
Stilfserjochstrasse
La rampa tirolese dello Stilfserjoch, vista dal rifugio Payerhütte sull’Ortles. Immagine: Wikipedia.

Utilizzata più volte come strada militare

Il traffico sul Passo dello Stelvio non ha mai avuto un’importanza sovraregionale. Le merci venivano trasportate attraverso il Passo dell’Umbrail, più basso di 200 metri e oggettivamente meno pericoloso. Tuttavia, il commercio regionale tra l’Alto Adige e la Valtellina avveniva regolarmente. Questo valico era utilizzato già nell’Età del Bronzo.

In epoca romana, una mulattiera conduceva al passo, importante dal punto di vista militare. L’attraversamento consentiva un rapido spostamento delle truppe a protezione della Via Claudia Augusta, che passava per il Passo di Resia.

Il percorso seguiva il lato orientale (orograficamente sinistro) della valle. Dall’insediamento di Stelvio il sentiero saliva all’Alpe di Prato e, passando per l’attuale Rifugio Forcola (vedi “Kleinboden”), proseguiva lungo il fianco della montagna fino al Lago d’Oro (Goldsee). Si può presumere che l’attuale sentiero escursionistico segua approssimativamente l’antico tracciato, noto come “Wormisionssteig” o anche “Wormser Steig”. Worms era il nome tedesco di Bormio, e il Passo Umbrail era chiamato allora “Wormser-Joch”.

Non bisogna tuttavia sopravvalutare l’importanza del valico. Lo si prendeva in considerazione solo quando si rendeva necessario spostare truppe, come durante la Guerra dei Trent’anni. Così, nel 1633 un esercito milanese composto da 12.000 soldati e 1.600 cavalli attraversò il passo per prestare aiuto all’arciduca austriaco Leopoldo. Nel 1634, il fratello del re di Spagna condusse 21.000 soldati in Val Venosta.

Nel contesto del Risorgimento – l’unificazione dell’Italia con le relative guerre di liberazione contro l’Impero asburgico – si resero nuovamente necessarie misure militari. I territori allora austriaci del Veneto e in particolare della Lombardia si sollevarono contro il dominio asburgico, e per garantire l’ordine e la sicurezza si impose la costruzione di una strada militare efficiente. Le truppe dovevano poter essere trasferite il più rapidamente possibile dai territori centrali dell’impero austriaco a Milano.

Durante questo periodo di rivolte (1815–1870), tre imperatori austriaci furono alla guida dell’impero: l’imperatore Francesco I (1804–1835), cui seguì suo figlio Ferdinando I (1835–1848), e, dopo l’“anno delle rivoluzioni europee” 1848, il leggendario Francesco Giuseppe I (1848–1916).

 

 

Franz I Von Österreich
Francesco I, imperatore d’Austria e fino al 1806 anche ultimo imperatore del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, promosse durante il suo regno la progettazione e la costruzione della strada sul Passo dello Stelvio. La “Franzenshöhe”, situata a 2193 metri lungo la strada del passo, ricorda la sua iniziativa.
Amerling Ferdinand I
Ferdinando I salì al trono imperiale nel 1835 succedendo a suo padre. Il principe ereditario, che al momento dell’inaugurazione aveva 32 anni, diede il nome alla “Ferdinandshöhe” (sommità del Passo dello Stelvio) e alla successiva postazione d’artiglieria sul passo, la “Ferdinandsstellung”.

PASSO DELLO STELVIO O PASSO DELL’UMBRAIL – UNA QUESTIONE DI NEUTRALITÀ

Come già accennato, il traffico merci avveniva principalmente attraverso il Passo Umbrail.
A partire dall’inizio del XIX secolo, tale percorso era transitabile con carri, ma non con carrozze.
Servì inoltre ripetutamente al trasferimento di truppe dalla Lombardia al Tirolo e viceversa.
L’ampliamento di questa rotta di transito sarebbe probabilmente stato molto meno oneroso rispetto alla costruzione di una nuova strada sul Passo dello Stelvio.

Da parte austriaca furono avanzate proposte in tal senso, che tuttavia fallirono a causa della decisione del Congresso di Vienna del 1815 di imporre alla Svizzera uno stato di neutralità. Tale neutralità consentiva sì la costruzione di una strada transfrontaliera, ma l’utilizzo del tracciato per il trasferimento di truppe straniere superava ogni margine di interpretazione politica possibile.

SVILUPPO DEL TURISMO

La costruzione della strada, ma anche lo spirito del tempo, fecero sì che il Passo dello Stelvio diventasse anche una meta per persone facoltose. Il turismo nelle Alpi cominciò a prendere piede e i servizi postali regolari portavano i viaggiatori su e giù per i passi alpini. Di conseguenza, vennero rapidamente costruite strutture ricettive adeguate nei luoghi più panoramici possibili, con una ristorazione adeguata. Lungo le strade dei passi vennero costruite locande e persino grandi alberghi.

Il Passo dello Stelvio con gli hotel “Ferdinandshöhe” e “Dreisprachenspitze”. Sulla sinistra si vede il deposito italiano per la manutenzione delle strade al bivio per il Passo dell’Umbrail. Fonte: Postkartenlexikon.de
Hotel Ferdinandshöhe
Veduta del Passo dello Stelvio prima della guerra. In primo piano l’Hotel Ferdinandshöhe. Fonte: Postkartenlexikon.de
Franzenshöhe
L’hotel sulla Franzenshöhe. Fonte: Postkartenlexikon.de

Salita lungo il confine

La breve salita dal Passo dello Stelvio alla Cima Garibaldi (Dreisprachenspitze) segue, dopo un tornante, il versante sud-occidentale e ben presto si snoda lungo quella cresta che, fino al 1919, segnava ufficialmente il confine tra Austria-Ungheria e Italia.bOggi, tale cresta delimita il confine tra le due province italiane della Lombardia e dell’Alto Adige.

Giunti sulla cresta, si apre una vista impressionante sulla Val Trafoi, con i 22 tornanti della strada del passo tra la Franzenshöhe e la Ferdinandshöhe. Pochi metri a est della linea di confine si riconoscono le fondamenta di edifici che appartenevano alla linea difensiva austriaca lungo questa dorsale. Da questi alloggiamenti, situati sul versante posteriore, venivano raggiunte le postazioni di fuoco posizionate direttamente sulla linea di confine.

Oggi queste ultime sono visibili solo in parte: diverse tracce di sentieri, formatesi nel corso degli anni, rendono difficile un’identificazione chiara.
Tuttavia, grazie alla rappresentazione che segue, è possibile localizzarle in via approssimativa.

1) Ferdinandshöhe – 2) Haus Enzian (ex casa della guardia di finanza italiana) – 3) Rifugi austriaci sul versante posteriore – 4) Postazione di mitragliatrice austriaca – 5) Hotel Dreisprachenspitze – 6) Lo “Schweizergraben” austriaco – 7) + 8) Rifugi austriaci sotto la protezione del confine svizzero. Illustrazione: Accola basata sulla planimetria originale di Lempruch, archivio: MUSEO 14/18.
Le due illustrazioni mostrano la postazione Mg (4) e la vista dalla Dreisprachenspitze verso la cima del passo. Immagini: Collezione Imboden, archivio: MUSEO 14/18.
Lempruch DSP2
Dettaglio della pianta originale di Lempruch (vedi sopra). Fonte: MUSEO 14/18.
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La postazione di mitragliatrice (Mg-Stellung) come si presenta oggi. Degni di nota sono i materiali utilizzati all’epoca. Il cemento, sul versante austriaco, era una merce rara e veniva impiegato solo in casi molto specifici: ne facevano parte le fondamenta delle funivie, le cucine da campo e le postazioni d’arma esposte. Per il resto, si utilizzavano esclusivamente pietre provenienti dall’ambiente circostante per la costruzione dei muri.

Il punto di partenza sulla Cima Garibaldi

Un punto del terreno apparentemente insignificante, situato a 2843 m s.l.m., con tre denominazioni linguisticamente diverse.
Sulla Dreisprachenspitze – chiamata Piz da las trais Linguas in romancio, oppure Cima Garibaldi in italiano – si trova uno dei punti nevralgici dello scontro durante la Prima guerra mondiale.

Qui sorgeva il cippo di confine condiviso tra Italia, Austria-Ungheria e Svizzera. Questo cippo – contrassegnato con il numero 1 – è ancora presente, a 2850 metri di altitudine. Dal 2014, tre figure in ferro lo custodiscono e raccontano ai visitatori la drammatica storia che, oltre cento anni fa, ebbe luogo in questo luogo carico di significato.

Il gruppo scultoreo dei tre soldati di montagna sulla Cima Garibaldi all’alba, nell’estate 2016. A sinistra: la figura di un alpino italiano con la caratteristica penna sul cappello; al centro un Kaiserschütze austriaco con cappello da cacciatore e pennacchio; a destra il fante svizzero con tschako e pompon sovrastante. Installazione: Associazione Stelvio-Umbrail 2014; immagine: Daniel M. Sägesser, archivio: MUSEO 14/18.

 

L’hotel Dreisprachenspitze

L’imponente edificio sulla cima della Dreisprachenspitze apparteneva alla famiglia Karner di Prad. Questi possedevano anche il locale Hotel Post, dove aveva sede il comando della brigata austriaca. La storia della costruzione dell’Hotel Dreisprachenspitze è poco documentata, ma diverse vedute (che purtroppo non possono essere datate in modo affidabile) indicano che l’edificio ha subito diverse trasformazioni e ampliamenti.

È importante sapere che l’attuale Ristorante Garibaldi è stato costruito negli anni Cinquanta e non si trova sullo stesso sito dell’albergo di guerra. Tuttavia, i muri di fondazione dell’albergo sono chiaramente riconoscibili e si trovano interamente in territorio svizzero.

L’Hotel Dreisprachenspitze visto dal Breitkamm, a sinistra le capanne degli austriaci, sullo sfondo dell’hotel la cima del Kleine Scorluzzo, a sinistra nella nebbia la Naglerspitze. Fonte: Collezione Imboden, Archivio: MUSEO 14/18.

Uso come alloggio militare

Dopo la mobilitazione dell’agosto 1914, le truppe svizzere requisirono l’hotel per alloggiarvi i propri distaccamenti di guardia al confine.
L’utilizzo dell’edificio venne regolato tramite un contratto con la famiglia Karner, proprietaria austriaca.

Con lo scoppio della guerra (nel 1914 l’Austria-Ungheria era in stato di guerra con la Serbia e la Russia), il traffico turistico si era completamente interrotto e non era comunque più previsto l’arrivo di ospiti regolari nella struttura.
Di conseguenza, è probabile che l’intenzione dei soldati svizzeri di utilizzare l’edificio ormai vuoto abbia incontrato un consenso rapido da parte della famiglia Karner.

Va inoltre considerato che, in caso di un previsto conflitto con l’Italia, le misure difensive dell’Austria-Ungheria prevedevano di contrastare un eventuale attacco italiano a valle, rinunciando senza combattere al vero e proprio valico del Passo dello Stelvio.
Per gli austriaci, dunque, l’edificio non rivestiva alcuna rilevanza militare.

 

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Discorso di inaugurazione del distaccamento di frontiera sulla terrazza di fronte all’hotel; fonte: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEO 14/18
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Un gruppo di osservatori registra le attività delle parti in guerra sulla terrazza dell’hotel. Fonte: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEO 14/18
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Un distaccamento in viaggio per rifornire le truppe sulla Dreisprachenspitze. Fonte: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEO 14/18
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La squadra di cucina sulla Dreisprachenspitze. Anche qui l’acqua scarseggiava e doveva essere faticosamente e faticosamente sciolta. Fonte: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEO 14/18

il tracciato del confine

I cippi di confine originali n. 1 e n. 2, tuttora esistenti, si trovavano immediatamente a sud-est dell’hotel, per così dire sulla sua terrazza.

Mentre il cippo n. 1 segnava il punto di confine comune tra tre Stati, il cippo n. 2 indicava il tracciato del confine in direzione del crinale del Breitkamm, ovvero il confine con la duplice monarchia austro-ungarica.

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L’attuale cippo di confine n. 1, C.S., sta per “Confederaziun svizra”, cioè “Confederazione svizzera” in romancio. L’anno 1865 indica la data del rilievo o l’anno in cui è stato posto il cippo di confine. La scritta “R.I.” sul lato sud sta per “Repubblica Italiana”. Alle sue spalle si trova il Ristorante Garibaldi, che prende il nome dal combattente per la libertà del Risorgimento italiano. Immagine: Marcia Phillips, Pro Monstein, 2009.
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Il cippo di confine n. 2 e la marcatura di un presunto punto di triangolazione per il rilevamento nazionale. Non è certo quando questo cippo sia stato collocato sulla Dreisprachenspitze. Questo punto topografico era di secondaria importanza per il rilevamento del confine nazionale. Riconoscibile dietro le nuvole di nebbia: la cima dominante dell’Ortles. Immagine: Marcia Phillips, Pro Monstein, 2009.

La numerazione dei cippi di confine non è uniforme e consecutiva in tutta la Svizzera. Al valico di confine Basilea-Weil, ad esempio, si trova anch’esso un cippo n. 1 – così come in Ticino, e certamente anche altrove. Non è chiaro secondo quale criterio queste numerazioni siano state assegnate. Inoltre, non tutti i cippi recano un numero proprio: le delimitazioni di confine situate tra due “numeri principali” venivano contrassegnate con una sigla alfabetica supplementare, ad esempio 1A o 12B.

Il numero 1 rappresentava semplicemente il punto iniziale di una sequenza di numerazione, che però – e questo è rilevante – procedeva in modo consecutivo e da entrambi i lati. Nei pressi della Cima Garibaldi (Dreisprachenspitze) esistono quindi due cippi con il numero 2, due con il numero 3, ecc. Il cippo n. 7 lungo l’ex confine austriaco si trova sulla Rötlspitze, quello lungo il confine italiano invece nei pressi del Passo Umbrail, presso l’ex postazione dei sottufficiali n. 7.

Tracciato del confine e numerazione delle relative marcature nella zona interessata. Guardando verso nord-est, un occhio allenato può distinguere, a partire dal cippo n. 1, i cippi di confine n. 3 e – ancor meglio – il n. 4. Per comprendere la situazione della sorveglianza di confine durante gli anni di guerra, la conoscenza di questa linea è fondamentale, poiché il tracciato del confine lungo la cresta larga (Breitkamm) non è così evidente come in altri punti. Mappa su: map.geo.admin.ch.

QUIETE E RIPOSO ALL’OMBRA DEL CONFINE NEUTRALE

Tutte le fondamenta ancora visibili a destra, ossia a est di questa linea di confine, sono di origine austriaca. La vicinanza immediata alla neutrale Svizzera offriva alle truppe austriache la possibilità di “insediarsi” qui in modo sicuro e indisturbato, poiché quest’area si trovava direttamente sul versante posteriore della cresta – il che escludeva un tiro diretto efficace da parte degli italiani. I proiettili dell’artiglieria potevano sviluppare la loro efficacia solo ben oltre questa zona. Ciò valeva in particolare per le postazioni italiane situate alla Forcola e sul Monte Braulio. Anche per l’artiglieria italiana posizionata sul Passo d’Ables, la cresta larga (il Breitkamm) costituiva un obiettivo molto difficile da colpire. Se i colpi provenienti dalla prima area di tiro cadevano anche solo pochi metri troppo corti, esplodevano in territorio svizzero, costituendo una violazione della neutralità. Se invece andavano troppo lunghi, atterravano in luoghi lontani e inefficaci, violando comunque la neutralità svizzera riconosciuta da entrambe le parti.

Lo stesso valeva per il fuoco proveniente dal Passo d’Ables: pochi metri troppo a sinistra significavano colpire territorio neutrale, pochi metri troppo a destra significavano un impatto in qualche pendio scosceso del Breitkamm, senza alcun effetto reale nei pressi del confine.

Di conseguenza, per gli austriaci era consigliabile “sistemarsi” proprio qui, nelle immediate vicinanze dell’Hotel Dreisprachenspitze e della linea di confine, per trovare quiete e riposo dalle privazioni e dai combattimenti sul fronte vero e proprio.

I resti di un fornello sul Breitkamm testimoniano la presenza permanente di truppe austriache sotto la protezione del confine svizzero.

L’accampamento delle truppe austriache sulla Cima Garibaldi e nelle vicinanze delle postazioni lungo la linea di confine italiana rivestiva una duplice funzione.

Da un lato, costituiva una zona di retrovia per quei soldati che dovevano presidiare la linea del fronte descritta all’inizio, lungo la cresta di confine (vedi immagine sopra). Dall’altro, la posizione offriva anche la possibilità di garantire un collegamento sicuro tramite una teleferica, assicurando così il supporto logistico necessario.

Di conseguenza, sul Breitkamm si trovano non solo i resti di baracche di alloggio e di almeno una cucina, ma anche quelli di depositi di munizioni, di un posto di pronto soccorso e le rovine delle fondamenta di un ancoraggio per una stazione di teleferica.

 

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Il posto di primo soccorso sul Breitkamm. Immagine: Collezione Knoll, Archivio: MUSEO 14/18
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La sistemazione austriaca vicino al confine con l’Hotel Dreisprachenspitze sullo sfondo. Immagine: Collezione Imboden, Archivio: MUSEO 14/18

il piccolo traffico di confine

L’immediata vicinanza alle truppe di confine svizzere portò, com’è naturale, a frequenti scambi di idee. A ciò si aggiunse un vivace baratto di generi alimentari e oggetti di guerra: il cioccolato svizzero veniva scambiato con “souvenir” austriaci come proiettili inesplosi o pipe da tabacco, che venivano persino appositamente fabbricate per i soldati svizzeri.

I cippi di confine sulla Cima Garibaldi diventarono anche punto d’incontro tra alti ufficiali. Diverse fotografie testimoniano tali incontri.

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Il divisionario Schiessle e il colonnello Bridler si incontrano sulla Cima Garibaldi con il capitano Andreas Steiner, “l’eroe dell’occupazione del Monte Scorluzzo”. A destra nell’immagine: il comandante del Battaglione di fanteria da montagna 76, maggiore Joseph Müller. Immagine: Collezione Müller, Archivio: MUSEO 14/18
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Scambio di idee e commercio di merci nell’ambito del “piccolo traffico di confine”. Soldati austriaci e svizzeri parlano attraverso la recinzione di confine presso l’Hotel Dreisprachenspitze. Fonte: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEO 14/18
Ufficiali austriaci si incontrano con commilitoni svizzeri nel luogo in cui si trovava il pannello di orientamento geografico dell’Hotel Dreisprachenspitze. La targa rotonda in marmo si trova oggi sulla terrazza del Ristorante Garibaldi. Immagine: Archivio di Stato di Vienna, digitale: Archivio MUSEO 14/18.

SFIDA LOGISTICA

Funivie: I cordoni nervosi del rifornimento

Il rifornimento dei soldati in montagna era di primaria importanza per tutte le parti coinvolte.

“Senza pancia piena, niente battaglia!” – questa vecchia massima dei soldati valeva sia al fronte che oltreconfine. Oltre agli alimenti, anche la legna per alimentare le rare possibilità di cottura e riscaldamento nelle postazioni d’alta quota faceva parte dei bisogni quotidiani.

A ciò si aggiungeva il legname da costruzione necessario per erigere nuove strutture difensive, per il loro mantenimento – e, infine, sempre di nuovo, la munizione, immancabile nelle richieste di approvvigionamento. Già predisporre questi beni a valle era una sfida. Negli ultimi anni di guerra mancava praticamente tutto.

Il rifornimento quotidiano delle postazioni in prima linea poneva ai logistici compiti ulteriori – e ben più ardui. Per il rifornimento delle postazioni in quota, la disponibilità di funivie da trasporto era indispensabile.

 

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La funivia da trasporto dalla Franzenshöhe all’accampamento militare sulla Cima Garibaldi. Immagine: Collezione Knoll, Archivio: MUSEO 14/18
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La stazione a monte della funivia dal Franzenshöhe sul Breitkamm. Immagine: Collezione Knoll, Archivio: MUSEO 14/18

Sia gli italiani sia gli austriaci costruirono un gran numero di funivie di questo tipo lungo tutta la linea del fronte. All’inizio della guerra, le conoscenze tecniche per la realizzazione di tali impianti erano pressoché inesistenti.

Solo in Baviera esistevano le cosiddette Stichbahnen, utilizzate per il rifornimento di fattorie isolate, e fu quindi il Deutsches Alpenkorps a fornire all’esercito austriaco il necessario know-how. Si può presumere che anche l’Italia, in quanto ex alleata della Triplice Alleanza, abbia beneficiato di tali conoscenze.

La Svizzera, invece, rinunciò completamente all’impiego di funivie da trasporto.
La costruzione di impianti a fune a scopo militare nella Confederazione iniziò solo dopo la Prima guerra mondiale.

Panoramica delle funivie di trasporto costruite nella regione dell’Ortles fino alla fine della guerra. Illustrazione tratta da: Accola/Fuhrer, Stilfserjoch-Umbrail 1914-1918, Dokumentation, Militärgeschichte zum Anfassen, Au, 2000.

RIFORNIMENTO DEL FRONTE

Il punto nevralgico del rifornimento lungo il fronte dell’Ortles era la Franzenshöhe.

Prima che le quattro funivie secondarie potessero trasportare i beni necessari alle postazioni da questo punto, il materiale doveva prima raggiungere la Franzenshöhe.

Vale quindi la pena esaminare gli anelli precedenti di questa delicata catena logistica. Le merci provenienti dal territorio dell’Impero giungevano in treno tramite la linea del Brennero (inaugurata nel 1867) o la Val Pusteria (inaugurata nel 1871) fino a Bolzano, e da lì proseguivano per Merano, collegata dal 1881 alla linea del Brennero tramite un raccordo a scartamento normale. A Merano le merci venivano caricate sui convogli della ferrovia a scartamento ridotto della Val Venosta, inaugurata nel 1906.

Dopo altri 50 chilometri di ferrovia, la Vinschgerbahn raggiungeva la piccola stazione di Spondigna, un anonimo borgo situato al margine orientale del comune di Sluderno. Qui i vagoni ferroviari venivano scaricati e le merci immagazzinate temporaneamente.

 

Spondinig (Spondigna), pochi chilometri a nord-est di Prad (Prato), all’incrocio con la strada dello Stelvio in una cartolina del 1905. In quell’anno fu inaugurato il Posthotel Hirsch, che ospitò il comando di tappa e in particolare l’ospedale militare durante gli anni della guerra. La cima del Passo dello Stelvio è visibile nel punto più basso dell’orizzonte. Immagine: Postkartenlexikon.de

 

la tappa

Spondinig era gestito in senso più ampio come palcoscenico, come struttura di rifornimento logistico. Qui si trovavano i servizi posteriori, come l’ospedale militare, i trasporti, l’amministrazione e le unità di riparazione. I membri della Tross erano poi responsabili dell’ulteriore trasporto di merci verso i punti di rifornimento vicini al fronte. A questo scopo venivano utilizzati autocarri e, in particolare, carri. Infine, ma non meno importante, per il trasporto venivano utilizzati anche cavalli da soma e cani.

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Una colonna di muli che trasporta munizioni. Immagine: Collezione Knoll, Archivio: MUSEO 14/18
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Trasporto del legno assicurato da un carro per cani. Immagine: Collezione Knoll, Archivio: MUSEO 14/18

SERVIZIO SANITARIO

Il comando presumeva che, per ogni unità, circa il 10% degli effettivi potesse essere colpito da ferite durante o dopo un combattimento.

Di questi, si prevedeva che: il 25% sarebbe deceduto, il 25% avrebbe riportato ferite gravi, il 50% avrebbe subito ferite lievi. In un’unità media composta da 140 uomini, ciò significava che circa 14 soldati sarebbero stati gravemente feriti e dovevano essere evacuati tramite il cosiddetto “percorso del paziente” (Patientenweg). Il primo soccorso avveniva direttamente sul luogo dell’evento, ad opera dei camerati. Ogni soldato era dotato di un pacchetto di medicazione, allestito in modo tale da permettere la disinfezione e la fasciatura di ferite da proiettile o da schegge.

 

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I barellieri evacuano un ferito e lo conducono a un posto di primo soccorso. Immagine: Collezione Knoll, Archivio: MUSEO 14/18

 

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Il posto di primo soccorso sulla Dreisprachenspitze. Immagine: Collezione Knoll, Archivio: MUSEO 14/18

Successivamente, il trasporto del ferito veniva effettuato dai barellieri fino alla prima struttura assistita da un medico, il cosiddetto “posto di primo soccorso” (Hilfsplatz).

Uno di questi era attivo anche sulla Cima Garibaldi, dove veniva effettuata una prima triage tra feriti gravi e lievi. I feriti lievi venivano trasferiti a una stazione per feriti lievi (Leichtverwundetenstation). A seconda dell’evoluzione clinica, i pazienti venivano poi reintegrati direttamente nella truppa oppure, dopo un soggiorno presso una struttura per malati da campo (Feldmarodenhaus), si decideva sul loro futuro impiego. I feriti gravi venivano ricoverati presso il posto di medicazione (Verbandsplatz), dove – in termini odierni – venivano eseguite le procedure tipiche di un pronto soccorso e di un reparto di terapia intensiva.

Interventi chirurgici, comprese amputazioni, rientravano nelle attività quotidiane di un gran numero di medici e infermiere. I luoghi esatti di questi Verbandsplätze all’interno del Settore difensivo I non sono documentati con certezza.

È possibile che uno di essi fosse stato allestito a Prato allo Stelvio (Prad). Se il paziente sopravviveva all’intervento, veniva trasferito in un ospedale da campo (Feldspital), che per il settore dell’Ortles era situato a Spondigna (Spondinig).

È anche ipotizzabile che il Verbandsplatz fosse localizzato proprio lì. Un triste indizio a supporto di questa ipotesi è la prossimità immediata del cimitero militare, che veniva sempre costruito nelle vicinanze dei Verbandsplätze o degli ospedali da campo.

 

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Stanza di degenza in un ospedale da campo. Dall’ospedale di Spondigna si conservano pochissime immagini in qualità utilizzabile. Immagine simbolica, fonte: Süddeutsche Zeitung.
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Il cimitero degli eroi vicino a Spondinig durante gli anni della guerra. Immagine: Collezione Knoll, Archivio: MUSEO 14/18
Letteratura: sul servizio sanitario nella Prima guerra mondiale esiste un’ampia gamma di pubblicazioni. Consigliato: Lüchinger Stephan / Brunner Theodor “ Verwundetentransport im Ersten Weltkrieg”, GMS Jahresschrift 2004.

“IL CAMPO LEMPRUCH“

Circa un chilometro a nord-est della cima della Cima Garibaldi (Dreisprachenspitze) si incontrano le fondamenta rimanenti di un imponente complesso di alloggiamento. Sono riconoscibili le piantine di baracche, impianti di cucina e l’ancoraggio in cemento di una stazione di teleferica, tramite la quale il sito veniva rifornito dalla Franzenshöhe. Queste strutture furono intitolate al secondo comandante del Settore difensivo I, il colonnello Moritz Erwin Freiherr von Lempruch, e furono menzionate negli atti di campo e nella storiografia successiva con il nome di “Campo Lempruch” (Lempruchlager).

Il “Campo Lempruch” nelle immediate vicinanze del confine svizzero in una fotografia scattata dalla Sezione Intelligence dell’Esercito svizzero nel 1917 Fonte: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEO 14/18.

Nel Campo Lempruch – e ciò vale anche per le altre strutture lungo il Breitkamm – si trovava pressoché tutto ciò che poteva desiderare il cuore di un soldato, e in particolare di un ufficiale. C’era una stanza da bagno, alcune fonti parlano anche di un “casino” con possibilità di proiettare filmati, davanti alle baracche c’erano orti di erbe aromatiche, il benessere fisico e la salute venivano curati con attenzione,

e le prime batterie contraeree garantivano la difesa contro attacchi aerei. Una rete elettrica locale forniva illuminazione elettrica, mentre linee telefoniche permettevano la comunicazione con le postazioni in prima linea e le strutture nella valle. Le truppe che rientravano dal fronte dovevano potersi riposare in questo luogo, e il Campo Lempruch offriva quasi tutte le comodità attese. Tra queste anche una cappella, di cui oggi non restano più i tracciati delle fondamenta, ma la cui esistenza è documentata da fotografie e rappresentazioni artistiche.

Il campo di Lempruch in una rappresentazione del pittore ecclesiastico svizzero Augustin Meinrad Bächtiger (* 12.5.1888 Mörschwil, † 4.5.1971 Gossau), che prestò servizio come guardia di frontiera nel Geb Füs Bat 82 di San Gallo, che era di stanza sull’Umbrail e sulla Dreisprachenspitze nel gennaio 1917. L’immagine mostra la cappella del campo di Lempruch a sinistra e la posizione del posto sottufficiale svizzero a destra. Immagine: di proprietà della famiglia, copia digitale in archivio: MUSEO 14/18.

MORITZ ERWIN FREIHERR VON LEMPRUCH

Chi si occupa degli avvenimenti bellici lungo il fronte dell’Ortles incontra ripetutamente il nome di Lempruch. Cappelle, ponti e strade portano il suo nome e ricordano il carismatico comandante del Settore difensivo I. Le cittadinanze onorarie conferitegli da Glorenza, Prato, Stelvio e Tubre testimoniano il suo stretto legame con la popolazione locale.

Lempruch nacque il 23 aprile 1871 nel Ducato di Carniola, l’odierna Novo Mesto in Slovenia. Suo padre, Anton, era colonnello dell’esercito imperiale e regio (k.&k.), mentre della madre, Alice, si conoscono solo le date di nascita e morte. Moritz fu il terzo figlio della coppia e crebbe in un ambiente protetto nei diversi luoghi di guarnigione dove il padre era di stanza. Dopo aver conseguito la maturità nel 1887, aveva inizialmente intenzione di intraprendere studi presso un politecnico, ma suo padre riteneva che Moritz Erwin dovesse servire l’Imperatore e l’Impero come ufficiale.

 

Dopo la maturità (1887), intendeva studiare in un istituto tecnico, ma il padre riteneva che Moritz Erwin “dovesse servire l’imperatore e l’impero come ufficiale”.

Colonnello Moritz Erwin Freiherr von Lempruch, “Ritratto dell’autore”, come lui stesso descrive l’immagine nella sua opera “Ortlerkämpfe – Der König der Deutschen Alpen und seine Helden”.
Il colonnello von Lempruch (al centro), affiancato dai suoi comandanti del fronte Kalal, Hyza, Molterer e Cassek (da sinistra a destra); immagine tratta da: Lempruch, il re delle Alpi tedesche e i suoi eroi, Collezione: Knoll, Archivio: MUSEO 14/18.

Di conseguenza, frequentò in qualità di Zögling (allievo) fino al 1890 i tre anni della sezione del genio presso la Reale Accademia Militare Tecnica (K.k. Technische Militärakademie) di Vienna, in Stiftgasse 2, che concluse con risultati medi. Il suo certificato scolastico ne attestava una

«comprensione piuttosto rapida, un’indole allegra, amante dell’onore e dotata di carattere, oltre a un comportamento premuroso e molto corretto».

All’età di 19 anni, da poco nominato sottotenente, iniziò la sua carriera nell’esercito imperiale e regio (k.u.k.) presso il Reggimento ferrovieri e telegrafisti. Oltre al servizio nel proprio reggimento, frequentò diversi corsi di perfezionamento, principalmente nel campo della tecnica del genio. Un protocollo dell’Accademia Militare del 1899 attesta la sua formazione nei seguenti ambiti: tattica, strategia, fortificazioni, teoria dell’artiglieria, geografia militare, tecnica delle costruzioni, elettrotecnica e lingua francese. Successivamente fu assegnato allo Stato maggiore della Direzione del Genio a Trento, dove partecipò alla costruzione di varie postazioni difensive in Val di Fiemme e al Passo Rolle. Nel 1900 fu promosso capitano, e nel 1908 raccomandato per il grado di maggiore del Genio, che ottenne nel 1910. Oltre a Vienna, le fonti indicano come sedi di servizio anche Korneuburg, Trento, Terezín (Theresienstadt), Cracovia e altri luoghi. Dal 1910 al 1913, insegnò materie ingegneristiche presso l’Accademia Militare.

All’inizio della guerra si occupò di opere di sbarramento in Tirolo, prestando servizio come tenente colonnello nella Direzione del Genio a Bressanone.

Tra dicembre 1914 e marzo 1915, sostenne la costruzione di fortificazioni in Galizia, dove fu riportato che prestò servizio “sotto il fuoco nemico”. Dopo la dichiarazione di guerra da parte dell’Italia, rientrò a Bressanone, dove si ammalò temporaneamente di dissenteria.

Il 1° settembre 1915, fu promosso colonnello.

In questo ruolo, da ottobre 1915 assunse il comando del gruppo di combattimento sull’altopiano di Folgaria e, nel marzo 1916, dopo l’improvvisa morte del colonnello Abendorf, fu nominato comandante del settore difensivo dell’Ortles. Dal 1905, Lempruch era sposato con Maria-Viktoria contessa Sizzo-Noris.

Da questo matrimonio nacquero due figli: la figlia Maria-Alix (1906) e il figlio Karl Heinrich (1907). Un terzo figlio, nato nel 1917, fu frutto di una relazione extraconiugale con la sua domestica a Prato allo Stelvio.Dopo la guerra, la famiglia Lempruch si stabilì a Innsbruck, dove il colonnello in congedo scrisse le proprie memorie di guerra, pubblicate nel 1925 nell’opera riccamente illustrata: «Il re delle Alpi tedesche e i suoi eroi – I combattimenti sull’Ortles 1915–1918». Nel frattempo, fu promosso general maggiore fuori servizio, probabilmente in riconoscimento dei suoi meriti e per l’aumento della pensione.

Non si conoscono altri motivi documentati per tale promozione. Trascorse gli ultimi anni della sua vita, vedovo dal 1930, a Wiedendorf, in Bassa Austria (oggi parte di Strass im Waldviertel).

Morì il 19 febbraio 1946, all’età di 75 anni, e fu sepolto a Elsarn.

 

Letteratura: Nel suo resoconto degli eventi della guerra mondiale, Lempruch non fornisce quasi nessuna informazione su di sé. La sua opera è stata ripubblicata in forma ampliata. Raccomandazione: Heinz König: “Gedenke, O Wanderer…”: mosaico biografico sull’Ing. Moritz Erwin Freiherr von Lempruch Generalmajor a. D. Autonome Region Trentino-Südtirol, o. O. 2012 e Helmut Golowitsch (Hrsg.): Ortlerkämpfe 1915-1918. Der König der Deutschen Alpen und seine Helden von Generalmajor Freiherr von Lempruch ergänzt durch historische Beiträge, Buchdienst Südtirol, Nürnberg 2005.

La posizione del „lago d’oro”

Due chilometri a nord-est, quasi alla stessa altezza della Dreisprachenspitze, si trovano i resti dell’antica zona delle posizioni di artiglieria “Goldsee”.

Rifugio degli osservatori di artiglieria nella posizione Goldsee. Immagine: Archivio MUSEUM 14/18

La scelta di questa posiziona per l’artiglieria e i materiali utilizzati per l’ampliamento sollevano alcune domande. I resti degli edifici indicano una costruzione solida. A differenza delle strutture lungo il Breitkamm, è stato utilizzato il cemento e l’intero complesso non dà l’impressione di essere una struttura provvisoria. Se consideriamo il concetto difensivo originario dell’esercito imperiale e reale austriaco per respingere un attacco italiano attraverso il Passo dello Stelvio, molte cose diventano chiare. Ciò che si trova qui è stato costruito intorno al 1912 e costituiva la protezione del fianco sinistro della fortezza Gomagoi. Ulteriori informazioni sono disponibili alla pagina “Kleinboden”.

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Fondamenta della stazione a monte della funivia di rifornimento da Franzenshöhe. Immagine: Archivio MUSEUM 14/18.
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Area di osservazione e zona d’efficacia primaria dell’artiglieria dalla posizione del Lago d’Oro. Al centro, il passo dello Stelvio e la cima del Monte Scorluzzo. Foto: Archivio MUSEUM 14/18

L’efficacia dei pezzi d’artiglieria qui posizionati fu rilevante soprattutto nei primi giorni di guerra. Cannoni e obici fornirono un sostegno decisivo durante la fase preparatoria della temeraria operazione per l’occupazione del Monte Scorluzzo.

Un monumento con una storia particolare

A pochi metri dalla Cima Garibaldi, poco prima del cippo di confine n. 3, si trovano, su suolo svizzero, tre targhe commemorative di particolare interesse. L’iscrizione sulle lastre di marmo ricorda il “combattimento eroico” dei soldati austro-ungarici lungo il fronte dell’Ortles con il seguente testo:

 

TREU BIS ZUM TODE

SEINEM KAISER UND APOSTOLISCHEN KÖNIG

SEINEM VATERLANDE UNS SEINER HEIMAT,

SEINER RUHMVOLLEN VORFAHREN WÜRDIG,

VERTEIDIGTE DAS IV. RESERVEBATAILLON DES UNGARISCHEN INF. REGTS. NR. 29

FREIHERR VON LOUDON

IN DEN KRIEGSJAHREN 1915, 1916, 1917 UND 1918

UNTER DEM KOMMANDO DES HAUPTMANN KALAL U. DES OBERSLTS. EDL VON KUNZE

DAS STILFSERJOCH

UND DIE VERSCHNEITEN, UNWIRTLICHEN, EISIGEN HÖHEN

VON DER DREISPRACHENSPITZE ÜBER DEN SCORLUZZO, DEN NAGLER

UND DEN KRYSTALLKAMM

RUHMVOLL UND OHNE EINEN SCHRITT ZU WEICHEN

GEGENÜBER EINEM TAPFEREN FEINDE IN MEHR ALS 40 GEFECHTEN.

SEIN GESEGNETER NAME BLEIBT FÜR IMMER VERBUNDEN MIT JENEN DER BERGE,

DIE STUMME ZEUGEN SEINES HELDENKAMPFES SIND:

SCORLUZZO, HOHE SCHNEID, TUKETTSPITZE, HINTERER MADATSCH U. KRYSTALLKAMM.

GEDENKE O WANDERER, DER DU HIER IN LICHTEREN ZEITEN VORBEIZIEHST

IN EHRFURCHT DERJENIGEN,

DIE, FERNE IHRER HEIMAT, TREU IN EISESSTÜRMEN, NOT UND TOD

DIES KLEINOD IN DER KRONE HABSBURGS SCHIRMTEN;

SIE JUBELTEN HIER AM 16. SEPTEMBER 1917 IHREM KAISER UND KÖNIG ZU,

DER SEINE TREUEN LANDESKINDER

UNTER FEINDLICHEN KANONENDONNER ZU BESUCHEN KAM.

DER WEISSE BERGTOD SOWIE DER TOD UNTER FEINDLICHER EINWIRKUNG HAT UNTER

DEN TREUEN SÖHNEN SÜDUNGARNS REICHE ERNTE GEHALTEN;

GOTT ABER NAHM SEINE HELDEN LIEBREICH UND GNÄDIG AUF.

ERRICHTET IM JAHR 1918

AUS SPENDEN DES TAPFEREN IV./29. RESERVEBATAILLONS

VON SEINEM RAYONSKOMMANDANTEN

OBERST FREIHERR VON LEMPRUCH

A parte il linguaggio che oggi può sembrarci un po’ antiquato, nulla in questa iscrizione appare particolarmente straordinario – e tuttavia: perché questo monumento si trova in Svizzera?

Le tavole in marmo di Lasa sul Breitkamm. A sinistra un dittico con i nomi di 44 ufficiali, al centro il testo riportato sopra in lingua tedesca, a destra la versione ungherese. In cima alle due targhe si riconoscono la corona degli Asburgo (a sinistra) e la corona ungherese di Santo Stefano. Foto scattata nel 2016, al termine dei lavori di restauro effettuati dall’associazione Stelvio-Umbrail 14/18.

Le targhe commemorative oggi non si trovano più nella loro posizione originale.

Anche la disposizione attuale non corrisponde a quella dell’installazione iniziale. La data esatta dell’erezione del monumento non è nota;

l’iscrizione riporta l’ultimo anno di guerra (1918) come anno di realizzazione. Nei diari di guerra non si trovano indicazioni né sul motivo né sulla forma della cerimonia di inaugurazione.

Tuttavia, si può presumere che essa abbia avuto luogo nell’ambito di una messa da campo, celebrata in forma solenne.

7047 009 Ruine Stevio I CH Grenze 1928
Le rovine dell’hotel Dreisprachenspitze in una foto del 1928. Sono ben visibili le targhe commemorative nella loro posizione originale sotto il cippo di confine n. 2. Immagine: Archivio MUSEUM 14/18.
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La disposizione originale delle tavole. Una fotografia di Rudolf Zinggeler nei primi anni del dopoguerra, probabilmente nel 1919. Fonte: Archivio federale dei monumenti storici, collezione Zinggeler, Archivio MUSEUM 14/18

La storia dietro la storia

Nel contesto delle profonde misure di italianizzazione dell’Alto Adige, il monumento fu vittima di un atto vandalico.

Non è possibile stabilire se si trattò di un’azione ordinata dalle autorità o di un atto spontaneo da parte di sostenitori del fascismo. Dopo l’annessione territoriale dell’Alto Adige all’Italia (1919), il governo eliminò sistematicamente ogni segno visibile del passato legato alla monarchia austro-ungarica. L’aquila bicipite fu rimossa dagli edifici pubblici, le iscrizioni cancellate o ricoperte… Ma questa è una storia successiva alla storia, e andrebbe oltre i limiti del presente contributo.

Sappiamo però che, nel luglio 1953, un gruppo di studenti di storia dell’Università di Zurigo, in viaggio di studio sotto la guida del leggendario prof. Marcel Beck, fu informato da un guardia di confine svizzero dell’esistenza dei frammenti di marmo superstiti.

Questi si trovavano poco sotto l’antico sito, lungo il pendio che scende verso la strada del Passo dello Stelvio, e vennero recuperati dal gruppo durante un’“azione notturna e clandestina”.

Successivamente, guardie di confine svizzere del posto di Umbrail assemblarono i frammenti in un monumento provvisorio. La posizione precisa di questa prima sistemazione, durata una ventina d’anni, non è nota, e non esistono fotografie documentarie.

Nel 1972, Marcel Beck visitò nuovamente la Cima Garibaldi e decise di avviare misure che potessero “contribuire al salvataggio completo del monumento”. Il restauro delle targhe in marmo, composte da 14 frammenti e con parti dell’iscrizione mancanti, fu affidato alla marmoreria di Lasa, lo stesso laboratorio in cui gli originali erano stati prodotti nel 1918.

La parte superiore originale del dittico, con l’iscrizione “1915–1916 F.J.I.” (per l’imperatore Francesco Giuseppe I) e “1917–1919 K.” (per l’imperatore Carlo) risultava irrimediabilmente perduta e non venne ricostruita.

Il progetto fu finanziato ancora una volta tramite donazioni, in particolare da parte dei membri della Società degli ufficiali del Canton Grigioni e del Lions Club Val Müstair.

Nel 1976, le targhe furono finalmente ricollocate sul Breitkamm, nel luogo in cui si trovano tutt’oggi. Il figlio dell’imperatore Carlo, Otto von Habsburg (1912–2011), e sua madre, l’imperatrice Zita (1892–1989), che all’epoca viveva a Zizers, non poterono presenziare alla cerimonia d’inaugurazione; ma lettere di ringraziamento attestano il sostegno morale e la gratitudine della Casa d’Asburgo per questa iniziativa.

 

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Lavori di restauro 2015/2016 sulla Dreisprachenspitze. Immagine: Archivio MUSEUM 14/18.
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Lavori di restauro in loco – non sempre con il tempo migliore. Archivio MUSEUM 14/18

In occasione del centenario, la stabilità e la leggibilità delle targhe in marmo sono state nuovamente garantite. Sulla base di documenti originali, l’iscrizione è stata ricalcata con colore nero e oggi si presenta in condizioni perfettamente leggibili.

Un luogo da sogno dove riflettere sul passato e sul futuro. Sullo sfondo, la struttura del Piz Umbrail. Foto: Archivio MUSEUM 14/18.

Il “fossato svizzero”

Non lasciate la Cima Garibaldi senza aver osservato da vicino un’altra particolarità.

Ai piedi della terrazza dell’attuale Ristorante Garibaldi, o pochi metri a nord-est di essa, si può ancora riconoscere il tracciato di una trincea che rivestiva un’importanza speciale. Per questa struttura si trovano denominazioni diverse nelle fonti storiche: è chiamata “Schweizergraben” (trincea svizzera), “assicurazione sulla vita” o anche “trincea di parata” (Paradegraben).

Questa postazione difensiva austriaca si trovava, all’epoca, già in territorio italiano, ma correva esattamente lungo il confine con la Svizzera. Esattamente qui significa: a due metri dalla linea di confine.

 

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La trincea austriaca sul suolo italiano. Il palo di legno riconoscibile in primo piano (a destra) segna il confine svizzero. Fonte: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEUM 14/18
Schweizergraben
Osservatori nello “Schweizergraben”. Fonte: Archivio di Stato austriaco di Vienna, Archivio digitale: MUSEUM 14/18

Questa trincea destava una certa preoccupazione tra gli italiani, poiché colpire il nemico in quella posizione era quasi impossibile. Qualsiasi tentativo di fuoco avrebbe inevitabilmente causato l’impatto di proiettili o schegge sul suolo svizzero, il che avrebbe costituito una violazione della neutralità della Confederazione, riconosciuta da entrambe le parti.

Rappresentazione schematica della situazione di confine sulla Dreisprachenspitze (Cima Garibaldi) con valutazione dei requisiti di neutralità. In blu: basi svizzere, in verde: strutture e movimenti austriaci, in rosso: posizioni e misure italiane. Le azioni consentite dal diritto di neutralità sono contrassegnate da un segno di correzione, mentre le violazioni dei confini sono contrassegnate da una «X». Rappresentazione: Accola, in «100 anni dalla Prima guerra mondiale», ciclo di conferenze 2014, archivio MUSEUM 14/18.

Di conseguenza, gli italiani protestarono ufficialmente contro l’utilizzo di quella postazione austriaca come trincea da combattimento, rivolgendosi al comandante delle truppe svizzere.

Se il nemico avesse continuato a fare fuoco dal “Schweizergraben”, l’Italia avrebbe bombardato la posizione con l’artiglieria, accettando consapevolmente una violazione del confine. Gli ufficiali svizzeri risposero con pragmatismo: «In tal caso ci ritireremo dalla Cima Garibaldi e garantiremo la sorveglianza del confine unicamente al Passo Umbrail.» Questo, naturalmente, non era nell’interesse dell’Austria, poiché la Svizzera neutrale garantiva la sicurezza delle sue installazioni logistiche sul Breitkamm. Grazie alla mediazione svizzera, si giunse a un compromesso molto particolare: l’osservazione dal “Schweizergraben” era consentita, aprire il fuoco da lì, invece, no. La trincea da combattimento fu così trasformata in un punto di osservazione, che presto assunse il soprannome di “trincea di parata” (Paradegraben).

Gli accordi in vigore lasciavano intendere che non si dovesse temere un bombardamento. Chi dunque si trovava nella trincea, si muoveva in una “zona sicura”, e fu così che gli alti ufficiali – durante le visite al fronte – scelsero proprio questa posizione per ispezionare le truppe “sotto il fragore dei cannoni”. A questo punto, la denominazione alternativa della trincea come “assicurazione sulla vita” diventa facilmente comprensibile.

L’imperatore Carlo (1887-1922) in visita il 16 settembre 1917. L’immagine mostra il monarca al ritorno dalla sua visita al “Paradegraben”, che era collegato al sistema di postazioni sulla cresta di confine (vedi anche l‘illustrazione “Salita lungo il confine”). Immagine: Collezione Knoll, Archivio MUSEUM 14/18.

Il „sentiero militare»

Anche se il nome non è particolarmente suggestivo, a livello locale il sentiero di rifornimento svizzero verso la Cima Garibaldi, a partire dal Passo Umbrail, è conosciuto con questa denominazione. Nella migliore delle ipotesi, le colonne da soma partendo da Umbrail-Mitte riuscivano a rifornire con viveri il posto ufficiali sulla Cima Garibaldi; spesso, però, il trasporto avveniva con grande fatica “a piedi”, come si diceva un tempo, „auf Schusters Rappen“. Sedici tornanti superano un dislivello di quasi 400 metri lungo un sentiero realizzato, durante il secondo anno di guerra, dalla compagnia zappatori 6/3 (Sappeurkompanie 6/3). Lungo il percorso si incontrano due postazioni svizzere di sottufficiali: la “Frohburg”, vicino al cippo di confine n. 3, e il “Splitterheim”, in corrispondenza del cippo 6A.

 

Il «sentiero militare» dal Passo dell’Umbrail alla Dreisprachenspitze in una foto scattata dal Servizio archeologico del Cantone dei Grigioni nel 2013. Nell’ambito di un inventario dei monumenti storici, questo percorso è stato registrato e classificato come di importanza storica, quindi inserito in un progetto di conservazione. Foto: Archivio MUSEUM 14/18.

I muri di sostegno e i canali di scolo del “sentiero militare” versano attualmente in condizioni deplorevoli. Sebbene sia in corso un progetto per la riqualificazione del sentiero escursionistico, questo richiede attenzione e cura. In particolare, rivolgiamo un appello ai numerosi mountain biker che percorrono questo trail, spesso ignari del suo valore storico, affinché lo facciano con il massimo rispetto.

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Il «sentiero militare» Umbrail-Dreisprachenspitze. Fonte: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEUM 14/18
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Una colonna di soldati dopo aver rifornito la punta delle tre lingue sulla “Militärstrasse”. Immagine: Archivio federale, fondo E 27, archivio: MUSEUM 14/18.
Il “campo di Lempruch” nella sua condizione attuale. Immagine: Archivio MUSEUM 14/18.
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