Scorluzzo – sulle tracce dei “Standschützen” e degli Alpini

Fino al 1918, il confine tra il Regno d’Italia e la duplice monarchia austro-ungarica attraversava la sommità del Passo dello Stelvio. Un confine tra roccia e ghiaccio, aspramente conteso negli anni di guerra 1915–1918. Al centro degli scontri si trovava sempre la stessa altura, dominante il valico dello Stelvio: il Monte Scorluzzo. Il tratto di sentiero che porta il suo nome vuole avvicinare il visitatore alla prospettiva italiana del conflitto.

Lungo il percorso verso la vetta e nei suoi dintorni vengono trattati i seguenti temi:

 

    • Il dispositivo italiano all’inizio della guerra
    • Le truppe italiane nella zona dell’Ortles
    • L’occupazione del Monte Scorluzzo
    • La battaglia per il Monte Cristallo – Hohe Schneid
    • Gli sforzi politici per la pacificazione del settore dello Stelvio
    • La fine della guerra

Punto di partenza: Passo dello Stelvio – Fermata dell’autobus della Posta Svizzera

Punto di arrivo: valico di frontiera Svizzera-Italia (Quarta Cantoniera)

Tempo di percorrenza: 5-7 ore

Segnalazione: bianco-verde-rosso

Requisiti: buona condizione fisica e passo sicuro, tecnico: T2, in alcuni punti T3

 

 

 

PERCORSO “SCORLUZZO”

A: Batteria “Ferdinandstellung” – B: Passo delle Plattigiole – C: “Piccolo Scorluzzo” – D: caposaldo in vetta – E: Posizione austriaca sul fianco e passaggio alla “Terra di nessuno” – F: Posizione italiana e trincea – G: Base sul Filone del Mot – H: Il “villaggio alpino” sul Filone del Mot – I: Linea di difesa sul Piano di Scorluzzo – K: Lago di Scorluzzo – L: Posizioni sul Rese di Scorluzzo – M: Posizione di artiglieria scavata “Lago alto”

UNA DESCRIZIONE DEL PERCORSO DA UN PUNTO DI VISTA STORICO-MILITARE

Una descrizione dettagliata e completa del percorso è disponibile nella guida escursionistica “Der militärhistorische Wanderweg Stelvio-Umbrail” (Il sentiero escursionistico storico-militare Stelvio-Umbrail) a partire da pagina 72. Le seguenti spiegazioni illustrano i luoghi lungo il percorso e ne chiariscono il significato storico.

Passo dello Stelvio – Passo delle Plattigiole

Lasciate il Passo dello Stelvio (presso la stazione a valle della funivia) in direzione sud, seguendo la strada asfaltata in forte salita.

Già dopo il secondo tornante, incontrate i resti della postazione d’artiglieria austriaca.

Tre cannoni in caverna costituivano la cosiddetta “Ferdinandsstellung”. Le tre camere di tiro, scavate nella roccia (friabile), si trovavano esattamente sul confine tra le due nazioni allora in guerra. Stando sulla strada, vi trovate su territorio italiano; se invece salite sulle rocce alla vostra sinistra, siete nel territorio austriaco dell’epoca. L’accesso alle caverne, non collegate tra loro, avveniva dal lato posteriore del costone roccioso. La direzione di tiro dei pezzi è ancora oggi riconoscibile grazie ai limiti laterali delle aperture nella roccia. I bersagli comprendevano da un lato il valico italo-svizzero del Passo Umbrail, con il caposaldo italiano lì presente, e dall’altro l’intera zona intermedia lungo la strada del passo, nonché la postazione d’artiglieria in caverna italiana presso il Laghetto alto.

Le postazioni della “Ferdinandsstellung” sono ancora accessibili, ma si segnala il pericolo di crollo.

 

 

Scorluzzo 02
L’imboccatura rivestita in legno della caverna centrale dei cannoni della Ferdinandsstellung nel 2007. Si noti il raggio di rotazione molto limitato rispetto alla direzione di tiro.
 
02 Geschütz Felskaverne Feuer Mannschaft
Uno dei “cannoni Ferdinand” in posizione. Venivano utilizzati semplici cannoni da montagna calibro 7,5 cm, non progettati specificatamente per uso fortificato.
 

Sulla destra, pochi metri sotto la strada carrozzabile, si nota una linea evidente che potrebbe essere interpretata come una vecchia “traccia di sentiero”. In realtà si tratta del tracciato delle barriere di fanteria erette all’epoca per proteggere la postazione dell’artiglieria.

Umbrail öst Stell Ferdinandshöhe
Il valico dello Stelvio fu protetto dagli attacchi della fanteria con ostacoli di filo spinato nell’estate del 1915. Al centro dell’immagine, a sinistra, gli edifici sul passo; a destra, spuntando dalla neve, la postazione di Ferdinando e, all’orizzonte, la Naglerspitze, anch’essa occupata dalle truppe austriache.
Österreichisches Drahthindernis Am Scarluzzo CH BAR 3239151.tif
La posizione di Ferdinando nell’inverno 1915/16. Nell’immagine a destra è riconoscibile la barriera di fanteria a protezione della posizione, il cui tracciato è ancora oggi ben visibile. All’orizzonte a destra, la cima del “Piccolo Scorluzzo” con il caposaldo austriaco sulla cima secondaria. Il passaggio sotto la cima (a sinistra) è il Passo delle Plattigiole. Ovviamente, l’attuale strada carrozzabile per il Monte Livrio non esisteva ancora.

Solo raggiungendo il Passo delle Plattigiole si rivela appieno l’effettiva importanza del Monte Scorluzzo per le considerazioni tattiche dell’epoca. Davanti a noi si apre il ripido Valle dei Vitelli, che inizialmente scende dolcemente, per poi precipitare bruscamente fino a raggiungere, all’altezza della Seconda Cantoniera, la Strada dello Stelvio odierna nel Valle Braulio. Chi dunque intendeva raggiungere lo Stelvio provenendo dalla Valtellina disponeva di due possibilità: la strada principale attraverso il Valle Braulio (quella attuale), oppure l’aggiramento attraverso il Valle dei Vitelli.

Per questo motivo, tale passaggio venne fortificato con un sistema di trincee, concepito per bloccare un’eventuale avanzata nemica.

Questo sistema di difesa si estendeva dai piedi della Cima del Chiodo (Naglerspitze) che vediamo sulla sinistra dal Passo delle Plattigiole fino alla salita verso il “Piccolo Scorluzzo”, ai cui piedi si trova il punto più basso del valico.

 

Rechter Flankenschutz Der Kleinen Scorluzzostellung (8)
Il Passo delle Plattigiole, visto dalla salita al “Piccolo Scorluzzo”. A destra nell’immagine si riconosce la Valle dei Vitelli. A destra della strada carrozzabile si riconosce il tracciato della linea di fanteria che doveva impedire un’avanzata italiana lungo questo asse.
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La confluenza della Valle dei Vitelli nella Valle Braulio. Un’incursione in questa zona selvaggia avrebbe potuto avere successo solo in condizioni di scarsa visibilità, se mai fosse stata possibile.

Passo delle Plattigiole – Piccolo Scorluzzo

Durante la salita allo Scorluzzo, dopo aver raggiunto il primo scalino, abbandoniamo il sentiero escursionistico ufficiale (segnato in bianco e rosso) e ci teniamo a destra, fino a raggiungere, pochi metri più avanti, un evidente pianoro.

In questo tratto attraversiamo per la prima volta un sistema di trincee che corre trasversalmente rispetto alla linea difensiva del Passo delle Plattigiole, e incontriamo crateri d’impatto che testimoniano bombardamenti da parte dell’artiglieria italiana.

Il sistema di trincee appartiene alla posizione di fianco del valico, e non è difficile interpretarne il tracciato dal punto di vista tattico, a patto di conoscere un principio fondamentale: Immaginate un ferro di cavallo, oppure una U rovesciata in orizzontale. La base (cioè la curva) corrisponde alla linea di sbarramento principale, mentre i due bracci si protendono verso il nemico. Chi riusciva ad occupare questa forma di trincea, era in grado di colpire il nemico simultaneamente da tre direzioni.

Con questa immagine in mente, sarà facile comprendere la logica costruttiva di ogni sistema di trincee successivo. È utile sapere che questi “ferri di cavallo” esistevano in dimensioni molto diverse: piccoli e stretti, oppure grandi e molto larghi – ma il principio tattico restava sempre lo stesso. Ancor più importante: anche gli italiani utilizzavano questa tattica nella scelta delle posizioni.

Le tracce del fuoco di artiglieria, infine, rivelano l’intento dell’attaccante di sopprimere queste postazioni difensive, per rendere possibile un assalto senza essere colpiti dal fuoco diretto del nemico.

 

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La linea di posti di guardia scavati nella roccia sul bordo del pianoro del “Piccolo Scorluzzo” La feritoia di tiro chiaramente visibile consentiva fuoco d’appoggio laterale sul valico del Passo delle Plattigiole.
Schuetzengraben Am Plateaurand
La trincea di collegamento e di combattimento sulla prima linea di cresta del pianoro Queste postazioni venivano occupate in caso di allarme proveniente dalla linea dei posti di guardia avanzati (immagine a sinistra).
Piano delle posizioni del “Kleiner Scorluzzo”, riprodotto da uno schizzo originale del comandante del fronte dell’Ortles, Moritz Freiherr von Lempruch. Illustrazione: David Accola sulla base di documenti originali dell’Archivio Schaumann, Vienna.

Sul margine orientale del pianoro – indicato nella rappresentazione precedente come “caverna” – si trovano i basamenti in cemento armato della stazione della teleferica.

Attraverso questa teleferica di trasporto, il caposaldo dello Scorluzzo veniva rifornito dallo Stelvio (nella rappresentazione indicato come “Ferdinandshöhe”). Il cemento era un bene raro e veniva impiegato solo laddove la resistenza richiesta lo rendeva indispensabile. Il vero e proprio caposaldo sulla cima del “Piccolo Scorluzzo” era orientato su due fronti.

Da questa posizione era possibile aprire il fuoco sia sul settore anteriore del valico dello Stelvio, sul versante del Braulio (a nord), sia contrastare un attacco proveniente dalla Valle dei Vitelli (a sud).

 

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Settore di copertura dal caposaldo in vetta sul settore anteriore dello Stelvio. Al centro dell’immagine si distingue la sommità del Passo Umbrail; sul margine destro si riconosce l’altura della Cima Garibaldi (Dreisprachenspitze). Se desideri, posso tradurre anche le didascalie di immagini successive o aiutarti a impaginare il testo.
Blick Vom Gipfel Zum Nagler Und Zum Cristallo
La trincea di battaglia sulla cima del “Kleiner Scorluzzo”. Sullo sfondo (al centro dell’immagine) la Naglerspitze, anch’essa occupata dagli austriaci, e a destra la “Hohe Schneid”, sulla quale Alpini e Standschützen si fronteggiavano a pochi passi.

Si raggiunge la vetta del „Grande Scorluzzo“ seguendo il sentiero escursionistico ufficiale. Questo sale ripidamente lungo la cresta sinistra (meridionale) e segue esattamente l’ex trincea di collegamento dal „Piccolo“ al „Grande Scorluzzo“.

 

Monte Scorluzzo

Immediatamente dopo lo scoppio della guerra – cioè all’inizio di giugno 1915 – pattuglie degli Alpini occuparono la vetta. Questa si trovava già allora su territorio italiano e offriva una vista diretta oltre il confine ora conteso, nella Val Trafoi. I movimenti austriaci potevano essere riconosciuti con largo anticipo, a condizione che il tempo fosse buono.

DIFESA NAZIONALE DAL PUNTO DI VISTA DI VIENNA

L’intenzione difensiva dell’Impero austro-ungarico, fino allo scoppio della guerra, era di contrastare un’eventuale avanzata italiana solo nei fondovalle, e in nessun caso lungo le creste montuose che segnavano il confine vero e proprio. Dal punto di vista dello Stato Maggiore austriaco, la „barriera stradale di Gomagoi“ – costruita tra il 1860 e il 1862 all’imbocco della Val di Solda nella Val Trafoi – si prestava perfettamente a questo scopo. Le linee difensive predisposte prima del conflitto si appoggiavano quindi a questa fortificazione.

Tuttavia, questa visione “prebellica” fu superata dalla realtà del nuovo tipo di guerra. Per approfondimenti sul dispositivo difensivo dell’Austria si rimanda all’articolo specifico sulla pagina “Kleinboden”.

 

La difesa nazionale dal punto di vista tirolese

Gli Standschützen, mobilitati per la difesa del territorio, giudicarono la decisione di Vienna un grave errore strategico, poiché provenivano proprio dalle regioni immediatamente colpite dallo scoppio della guerra. Essi gestivano masi e alpeggi situati nei pressi del confine, che secondo le direttive viennesi avrebbero dovuto essere abbandonati sena combattere. Una tale strategia era in totale contrasto con la loro concezione di difesa del proprio territorio. L’opinione diffusa tra la popolazione locale era chiara:

„Il nostro paese comincia al confine – non dove vorrebbero i viennesi“, e questa convinzione avrebbe avuto delle conseguenze.

 

L’AZIONE del distaccamento D’ATTACCO DI ANDREAS STEINER

Il 4 giugno 1915, il capitano di gendarmeria Andreas Steiner diede avvio a un’operazione che avrebbe avuto un impatto determinante sull’andamento del conflitto nel settore dell’Ortles. Con circa 40 uomini suddivisi in tre gruppi, riuscì a scacciare gli italiani dalla vetta del Monte Scorluzzo. L’attacco avvenne in condizioni di scarsa visibilità e fu preceduto da un bombardamento di artiglieria proveniente dalla posizione di Goldsee. In seguito, lo Scorluzzo venne occupato stabilmente e rimase sotto controllo austriaco fino alla fine della guerra.

Ciò che più tardi fu celebrato come un’impresa eroica ricevette però scarsa attenzione nei primi giorni del conflitto. Il diario del comando responsabile della difesa del settore Ortler riporta infatti alla data del 4 giugno 1915:

„La baracca predisposta dagli italiani sullo Scorluzzo è stata distrutta dal nostro fuoco d’artiglieria. Dopo il ritiro degli italiani, una nostra pattuglia ha trovato sacchi a pelo, mantelli, stoviglie ecc.

Il reparto segnalato presso la terza Cantoniera si è ritirato ulteriormente verso Bormio.

Alla Bocchetta di Forcola si continua a lavorare alla predisposizione della posizione.

Per il resto, situazione invariata.”

Questo passaggio lascia intendere che la presa dello Scorluzzo non fu propriamente un attacco di fanteria in senso classico. Le truppe italiane si ritirarono dalla vetta a causa del bombardamento, e il distaccamento Steiner ne prese possesso senza combattere.

 

Besetzung Scorluzzo
L’occupazione del Monte Scorluzzo e le sue immediate conseguenze. Fonte: Accola, Documentazione Stilfserjoch-Umbrail 1914-1918
Andreas Steiner
Il cavaliere comandante Andreas Steiner, l’“eroe” di Scorluzzo, chiese poco dopo l’Ordine di Maria Teresa, ma gli fu rifiutato. Vienna considerò la sua azione “contraria alle intenzioni della guerra”.
OCUPAZIONE DELLE POSTAZIONI IN QUOTA

L’occupazione dello Scorluzzo ebbe come conseguenza la necessità di spostare l’intera linea difensiva austriaca. Le originarie opere di sbarramento vennero disarmate e i pezzi d’artiglieria furono trasferiti sulle alture dominanti, come il Monte Livrio, la Cima di Chiodo e, naturalmente, la cima dello Scorluzzo.

Il caposaldo sulla cima dello Scorluzzo secondo uno schizzo di Moritz von Lempruch. Illustrazione: David Accola sulla base di documenti originali dell’Archivio Schaumann, Vienna.
IL caposaldo SULLA CIMA

Raggiunto il punto più alto del Monte Scorluzzo, ci si imbatte innanzitutto nei resti dell’alloggio in caverna, indicato nello schizzo soprastante con il numero 1. Lempruch lo descrive come alloggio di uno “sciame”, termine che nel linguaggio militare odierno corrisponde approssimativamente a una “squadra” (cioè 8-10 uomini).

È facilmente riconoscibile il tracciato della trincea di collegamento e combattimento sul versante nord. Le restanti infrastrutture difensive risultano invece difficili da individuare sul terreno: le caverne sono crollate e anche gli accessi sono oggi pressoché irrintracciabili.

Se si sommano le indicazioni di Lempruch sulla capacità ricettiva dell’accampamento (due plotoni e tre squadre), si può stimare l’effettivo schierato sul Monte Scorluzzo in una compagnia ridotta, ossia circa 90 uomini.

 

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L’ingresso alla caverna degli accantonamenti sul Monte Scorluzzo
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Il cannone da campo 75 (9 cm), posizionato a sud della base. (Immagine: Collezione Knoll, Archivio Stelvio-Umbrail 14/18)

DISCESA VERSO IL FILONE DEL MOT

La discesa dalla vetta avviene lungo la cresta orientata a sud-ovest in direzione del Filone del Mot. Anche in questo tratto si incontrano postazioni austriache, realizzate per proteggere il caposaldo sulla vetta. Mentre l’attuale sentiero segue per lo più il tracciato della cresta, i soldati austriaci dovevano procedere con estrema cautela per evitare di esporsi lungo questa linea di crinale. Essa era infatti facilmente visibile dalle postazioni italiane sul Filone del Mot, e ogni movimento – in presenza di buona visibilità – poteva essere osservato con precisione. Una scarica di fucileria da parte degli Alpini era la conseguenza logica di tali avvistamenti.

Ai piedi della compatta formazione rocciosa si trovano le ultime tracce dei Standschützen: la loro postazione avanzata. Riconoscerla è semplice. Non appena si attraversano i resti – ancora oggi presenti a terra – delle barriere di filo spinato, si è passati esattamente nel punto dove essa si trovava. Questo ostacolo correva trasversalmente rispetto alla cresta, estendendosi fino a metà del versante occidentale dello Scorluzzo.

 

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I resti della barriera di filo spinato a protezione del caposaldo sulla vetta presso l’avamposto austriaco sul Filone del Mot.
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La cresta sud-ovest dello Scorluzzo con la posizione della guardia campale austriaca e il tracciato dell’ostacolo di filo metallico che si trova ancora oggi. Vista dalla “terra di nessuno” del Filone del Mot.

la terra di nessuno

I circa 300 metri in linea d’aria tra l’avamposto austriaco ai piedi della vetta e il primo caposaldo italiano sul Filone erano considerati “terra di nessuno”. In questa zona non vi erano né postazioni né ostacoli – ma l’area era estremamente “carica di piombo”. Tentativi di avvicinamento alle postazioni nemiche avevano possibilità di successo solo se l’avversario non vedeva nulla, dormiva oppure doveva far fronte alle spesso avverse condizioni meteorologiche: quindi in presenza di nebbia, durante la notte o durante le tempeste.

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Al più tardi ora – nella terra di nessuno – dovreste averli incontrati. Storicamente irrilevanti, ma di una bellezza straordinaria. E se non vi cedono subito il passo: esercitate la pazienza e godetevi il momento.
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Quando si raggiunge il primo avamposto degli Alpini, si lascia la terra di nessuno. È sorprendente che gli italiani fossero già allora i migliori muratori e questa impressione sarà confermata più avanti.

LUNGO IL FILONE DEL MOT

Monte Cristallo – Hohe Schneid

Lungo il percorso del Filone del Mot, lo sguardo è catturato alla vostra sinistra dalla silhouette marcata della Hohe Schneid (Monte Cristallo in italiano). Questa vetta rocciosa (sulla destra) fu occupata dagli italiani nell’ottobre del 1916 e collegata tramite una teleferica. Ciò permise agli Alpini di aprire il fuoco contro la postazione austriaca sul Monte Scorluzzo.

Durante l’inverno 1916/17, gli austriaci scavarono un tunnel d’attacco dalla Cima di Chiodo attraverso il ghiacciaio del Cristallo e la potente parete di ghiaccio, allora molto più massiccia, e occuparono la vetta glaciale il 17 marzo.

A distanza di una sassata si fronteggiavano ora gli avamposti degli Standschützen e degli Alpini, e si può facilmente immaginare che su quella gelida altura la guerra si svolgesse in forma ben diversa da quanto previsto a Roma e Vienna. Aneddoti raccontano di episodi di fraternizzazione tra le guarnigioni di vetta, che giunsero persino allo scambio di generi alimentari.

Gli avamposti degli Standschützen e degli Alpini erano ormai a pochi passi l’uno dall’altro ed è facile immaginare che la guerra si combattesse su questo punto panoramico ghiacciato in modo diverso da quanto ci si aspettava a Roma e a Vienna. Gli aneddoti raccontano della fraternizzazione degli equipaggi in vetta, che a volte sfociava in uno scambio di cibo.

 

Rappresentazione delle posizioni austriache e italiane sull’Hohe Schneid (stato: autunno 1918). Pubblicato per gentile concessione del Kaiserjägermuseum di Innsbruck.
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Lavori di scavo nella galleria di attacco alla Hohe Schneid: Archivio immagini 14/18, Collezione Schaumann
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La posizione italiana del Cristallo vista del caposaldo austriaca sull’Hohe Schneid: Archivio immagini 14/18, Collezione Schaumann

IL CAPOSALDO ITALIANO SUL FILONE DEL MOT

Proseguiamo lungo il crinale seguendo il sentiero escursionistico per visitare il caposaldo di fanteria sul Filone. Il sentiero è in condizioni sorprendentemente buone, sostenuto sul lato a monte da una solida muratura. Se aveste percorso questo tratto oltre 100 anni fa, non avreste visto nulla – e, ancora meglio, non sareste stati visti. Il sentiero odierno segue infatti l’allora trincea coperta d’accesso alla guardia avanzata, che avete già superato.

Poco prima dell’ultimo rilievo del crinale del Filone lasciamo il sentiero ufficiale e lo aggiriamo sulla sinistra. Pochi metri al di sotto del crinale ci imbattiamo in un’impressionante trincea di collegamento che conduce al caposaldo citato sul Filone.

Subito prima dell’ultima salita in cresta del Filone, lasciamo il sentiero ufficiale e lo aggiriamo sulla sinistra. Pochi metri sotto la cresta, si incontra un’impressionante trincea che conduce alla già citata base sul Filone.

 

 

Rifugio di osservazione presso la base del Filone con il Monte Scorluzzo sullo sfondo.
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Accesso al caposaldo visibile e protetto da schegge.
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Panoramica generale della base
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In viaggio su un caposaldo. È ipotizzabile che qui sia stata posizionata una mitragliatrice per attaccare la cresta sud-ovest dello Scorluzzo. Tuttavia, questa è solo una supposizione.
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Il sistema di fossati è ancora in condizioni straordinariamente buone a 100 anni dalla sua costruzione.

DA FILONE A “MACHU PICHU”

Subito dopo la base di Filone, lasciamo il caposaldo ed entriamo nella zona posteriore, che era stata allestita per il supporto logistico. Le fondamenta degli edifici lungo il percorso sono impressionanti e testimoniano che gli italiani ospitarono qui un gran numero di soldati.

Ci imbattiamo in edifici adibiti ad alloggi e nei resti di una caserma – almeno il fatto che ci sia un gran numero di lattine nelle immediate vicinanze della caserma non suggerisce altre conclusioni.

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Resti di alloggi durante la discesa dalla base. L’equipaggio del caposaldo di Filone era ospitato e assistito qui.
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Nei singoli edifici potevano dormire fino a 60 soldati. Angusti, soffocanti, ma almeno protetti dalle intemperie e al caldo.

“MACHU PICCHU” – IL VILLAGGETTO DEGLI ALPINI SUL FILONE

La leggendaria cittadella Inca nelle Ande peruviane fu scoperta nel 1911. Non sorprende quindi che si sia presto affermato un paragone con il villaggetto degli Alpini sul versante del Filone del Mot: anche questo infatti “si aggrappa” alle rocce a picco sulla Val Braulio, proprio come il suo celebre omonimo. La denominazione «un vero piccolo Machu Picchu» si ritrova anche in documenti ufficiali e diari, per cui il suo utilizzo – nonostante le ovvie differenze dimensionali rispetto all’originale – appare legittimo. Non è possibile determinare con certezza quanti soldati fossero alloggiati nel villaggetto degli Alpini. Presumendo che ospitasse una o due compagnie, non ci si discosterebbe troppo dalla realtà. “Machu Picchu” era rifornito tramite una teleferica da trasporto proveniente dalla Val Braulio, la cui stazione a valle si trovava presso la Terza Cantoniera, non lontano dall’allora cimitero di guerra.

Un piccolo “Machu pichu” al Filone del Mot. Foto 2017.
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Nel 2012, l’opera di “Machu picchu” è stata delicatamente ristrutturata dai dipendenti del Parco Nazionale dello Stelvio. Questa foto risale al 2007, cioè prima di questi lavori.
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Il modello di ricostruzione del villaggio alpino così come lo si può vedere oggi nel MUSEO 14/18.
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Purtroppo, sia il numero che la qualità delle fotografie rimaste del suggestivo villaggetto degli Alpini sul Filone sono estremamente limitati. Immagine: Archivio Museo Vallivo Valfurva; pubblicata in: Belotti, Walter, dallo Stelvio al Garda, alla scoperta dei manufatti della prima guerra mondiale.
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Pianta del villaggetto degli Alpini. Fonte: Archivio Comitato Lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio; pubblicata in: Belotti, Walter, Dallo Stelvio al Garda – Alla scoperta dei manufatti della Prima guerra mondiale.

Misure difensive italiane nella Valle Braulio

Dal belvedere del villaggetto degli Alpini si apre per la prima volta una vista impressionante sul profondo solco della valle che scende verso Bormio. Proprio all’estremità della cresta, che qui precipita ripidamente, si trovava la seconda linea difensiva italiana.

Anche in questo punto le truppe italiane si prepararono a un possibile attacco austriaco e predisposero adeguate misure di difesa.

 

Le misure difensive italiane nella Valle Braulio nell’ipotesi di un attacco austriaco in Valtellina (frecce interrotte). Rappresentazione integrata tratta da: Accola, Fuhrer: Stilfserjoch-Umbrail 1914-1918, documentazione, 2000, Au-Wädenswil.

Da “Machu Picchu” al Rese di Scorluzzo

La discesa da “Machu Picchu” avviene lungo il versante nord-occidentale – in termini militari: lungo il versante anteriore. Di conseguenza, qui non si trovano resti di strutture difensive. Solo alcuni travi di legno e frammenti di rete metallica si trovano lungo il tracciato, probabilmente trascinati nelle attuali posizioni da valanghe provenienti dal Filone nel corso degli anni. Dal punto di vista storico, però, questi resti non sono rilevanti. Una volta raggiunto l’altopiano erboso ai piedi del Monte Scorluzzo – indicato sulle carte come “Piano di Scorluzzo” – si incontrano nuovamente posizioni difensive italiane. Il tracciato della linea difensiva, costruita in modo rettilineo lungo la cresta, è ancora ben visibile nonostante la vegetazione oggi nuovamente presente. Si presume che tale linea non sia mai stata rafforzata da trincee, sebbene le condizioni del terreno lo avrebbero permesso. Tuttavia, ciò appare comprensibile considerando la possibile direzione di un attacco austriaco, che avrebbe dovuto scendere dal Monte Scorluzzo lungo il ripido versante nord-occidentale, completamente esposto all’artiglieria italiana: un’operazione estremamente rischiosa.

Il principio “a ferro di cavallo”, spiegato in precedenza presso il Passo delle Plattigiole, si ritrova anche sul Piano di Scorluzzo, qui in una forma molto estesa. Il fianco destro era protetto dal Filone del Mot, mentre quello sinistro dal Rese di Scorluzzo, la cresta nord-occidentale ben visibile dell’omonimo monte.

Per un breve tratto il sentiero segue un limpido ruscello di montagna, costeggiato da delicati pennacchi di erioforo, per poi piegare leggermente a destra e salire brevemente fino a raggiungere il Lago di Scorluzzo. Il livello dell’acqua di questo lago di montagna, quasi perfettamente circolare, dipende dallo scioglimento delle nevi. Non ha né immissari né emissari superficiali. Non deve quindi sorprendere se questo lago, pieno fino all’orlo in primavera, si riduce a una semplice pozza a fine estate, soprattutto dopo mesi estivi particolarmente secchi.

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A sinistra nell’immagine si riconosce il tracciato della linea di difesa italiana sul Piano di Scorluzzo, a destra il corso d’acqua che accompagna il sentiero.
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Vista dalla cima settentrionale della linea difensiva sul Lago di Scorluzzo. La cima del Monte Scorluzzo con la cresta che scende a destra verso il Filone del Mot domina lo sfondo. A sinistra si riconoscono la Rese di Scorluzzo e la caratteristica cima secondaria.

Le Rese di Scorluzzo

La salita a questo interessante contrafforte di rilievo militare-storico si effettua all’estremità settentrionale del Piano di Scorluzzo, seguendo tracce di sentiero ripide ma facilmente individuabili.

I percorsi sul Rese non sono segnalati né mantenuti. Tuttavia, per l’appassionato di storia militare, la visita risulta senz’altro meritevole. Va tenuto presente che il Rese, situato a 2887 m s.l.m., rappresenta un “vicolo cieco”. La salita alla cima principale dello Scorluzzo – attraverso l’allora “terra di nessuno” – è davvero riservata a escursionisti esperti in arrampicata. La roccia è estremamente friabile e si sconsiglia fortemente l’ascensione senza adeguate misure di sicurezza con corda.

Nella parte “percorribile” del Rese si incontrano postazioni impressionanti e sorprendentemente ben conservate, da cui era possibile fornire fuoco d’appoggio laterale sia verso il Piano di Scorluzzo sia in direzione del “Lago alto”, il punto d’artiglieria italiano che incontreremo in seguito. La guarnigione del Rese contava circa una sezione (circa 30 uomini), che trovavano alloggio in ricoveri molto semplici. Le fondamenta di tali strutture sono tuttora visibili e interpretabili.

 

 

Aufgang Zum Rese Di Scorluzzo
Una delle numerose scalinate ancora ben conservate all’ingresso del Rese di Scorluzzo.
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Una trincea sul Rese per affiancare la posizione sul Piano di Scorluzzo.

La zona delle posizioni di artiglieria Lago alto

Seguendo le tracce di sentiero a pari quota dalla cresta del Rese di Scorluzzo e salendo leggermente a destra dopo circa 300 metri, si incontra una larga strada sterrata. Ci troviamo ora sulla strada militare costruita dalla 3ª Cantoniera per rifornire le zone di postazioni d’artiglieria del Lago Alto.

Percorrendo questa strada, si raggiunge il sito in circa dieci minuti di cammino. La strada conduce direttamente alle casematte sotterranee, restaurate nel 2012.

I cannoni qui presenti avevano una funzione sia offensiva che difensiva. Le gallerie settentrionali erano orientate in modo da coprire il settore antistante al Passo dello Stelvio e il confine con la Svizzera. Dalle casematte meridionali, grazie anche alla gittata, era possibile colpire le postazioni austriache sul passo e persino fino a Trafoi. Tuttavia, quest’ultima opzione implicava una violazione della neutralità svizzera e fu adottata solo in casi estremi, dopo obiezioni ufficiali. Approfondimenti su questa delicata tematica si trovano alla voce “Trais Linguas”.

Dopo altri 20 minuti di cammino lungo il ben segnalato sentiero escursionistico, si raggiunge la strada del Passo dello Stelvio.

 

 

 

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L’accesso alla zona delle posizioni di artiglieria cavernosa sul Lago Alto.
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Lago alto – un incantevole lago di montagna … che invita i più temerari, poco prima della fine dell’escursione, a fare un bagno (davvero) rinfrescante.
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Volete percorrere il Sentiero dello Scorluzzo in compagnia di una guida esperta?

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